Vestigia di sontuose ville romane di epoca imperiale e repubblicana confermano la tesi che in tale epoca il bacino di Fondi doveva essere caratterizzato da particolare salubrità ed era, a partire da Roma verso sud, la prima oasi in prossimità del Tirreno dopo le paludi pontine.
E' quindi indubitabile che solo rivolgimenti geologici di vistosa entità possono aver determinato una subsidenza di vastissime aree.
E' documentato che agli inizi del XIV secolo la zona era ormai inabitabile per le letali conseguenze dovute alla presenza della palude che giungeva fino alle mura di Fondi. Dei primi tentativi di risanamento si ha notizia intorno al 1320 quando per far fronte alle spese fu istituito un pedaggio a carico dei forestieri per le merci che transitavano nel feudo. La storia dei tre secoli successivi non fa cenno a miglioramenti della situazione, anzi incursioni saracene, incendi e saccheggi determinarono l'abbandono della zona da parte della popolazione che trovò scampo sui monti circostanti La bonifica fu ripresa soltanto nel 1639 quando l'Università ed il Clero cedettero 6.122 tomoli (circa 2.000 Ha.) ad Anna Carafa, vice regina di Napoli, alla quale il feudo di Fondi era toccato in eredità.
Condizione di tale cessione era che i terreni prosciugati fossero coltivati e vi fosse impedito il pascolo causa principale della distruzione di quanto era stato fatto in passato. La spesa fu elevatissima (40.000 ducati) ma i notevoli risultati ottenuti furono di breve durata; l'incuria ed il disinteresse dei successori di Anna Carafa determinarono il ritorno del pantano e quindi della malaria in meno di 80 anni.
Una certa ripresa si verificò tra il 1790 ed il 1793 quando, per personale interessamento di Ferdinando I° di Borbone si progettò una serie di canali di cui si realizzò ben poco anche perché, a seguito dell'occupazione francese, i lavori furono sospesi. Alcuni di questi canali ("Borbonico", "Baratta", etc.) sono ancora oggi in esercizio.
Gli interventi del 1829 e 1856, quando fu stabilita una sovvenzione annua di 15.000 ducati, non ottennero grandi successi ma si limitarono a lavori manutentori. Solo intorno al 1924 si dette inizio ad opere razionali, grazie alle provvidenze previste dalle leggi Baccarini (1882) e Serpieri (1924), a cura del Genio Civile di Caserta (la zona a quell'epoca rientrava in quella provincia). Furono separate le acque "alte " da quelle "basse"; queste ultime venivano avviate al Lago di Fondi ed al mare grazie all'impianto idrovoro "Acquachiara" all'epoca funzionante a vapore ed all'impianto "Portella" in territorio di Monte S. Biagio, alimentato da energia elettrica dalla piccola centrale sorta sul fiume S. Vito.
A quell'epoca si poté cosi ottenere il quasi completo prosciugamento estivo di poco più di un terzo della piana mentre in inverno e con molta precarietà rimaneva emersa appena un altro terzo di essa, cioè 3.000 ettari, ed un altro terzo era acquitrinoso. In tale epoca il Consorzio aveva competenza su un bacino di circa 3.500 ettari nel centro della piana e sulle coste nord, est ed ovest del Lago di Fondi.
Con i RR DD 5/7/1934 e 2/9/1937 l'area si allargò fino all'attuale confine verso i monti. Ancora successiva è l'estensione del comprensorio al cosiddetto terzo bacino di circa 2.000 ettari che comprendono buona parte dell'agro di Sperlonga e la "Selva Vetere".
Infine, con DPR 11/3/1953, a seguito della soppressione della "Bonifica del Salto", società privata di proprietari, altri 1.400 ettari entrarono a far parte del territorio consortile, che raggiunse quindi gli attuali 15.994 ettari. Il territorio consortile così delimitato, non toccando le linee di displuvio del bacino imbrifero, è monco di almeno 30.000 ettari circa, tutti tributari della Piana di Fondi, ove immettono, attraverso torrenti ed inghiottitoi, oltre 190 milioni di mc. d'acqua all'anno senza calcolare il notevolissimo apporto solido, trascinato nei collettori di valle.
Fin dalla sua costituzione il Consorzio mirò al totale e permanente prosciugamento della piana che oggi, con gli ultimi lavori realizzati può dirsi conseguito. Furono approntati progetti, si riprese e migliorò ciò che preesisteva e si razionalizzò non più in "alte" e "basse" ma in "alte", "medie" e "basse". Le prime, dette anche esterne, defluenti direttamente al mare, le seconde immesse quasi totalmente nel Lago di Fondi e le "basse" scaricate in laghi costieri, tramite ben nove impianti idrovori con una portata complessiva di 22,8 mc/sec., una potenza installata di 1416 Kw ed in prevalenza monometrica variante da m. 2,80 a 7,50. La separazione delle acque alte" è stata determinante ai fini della sicurezza da inondazioni da monte; essa è stata ottenuta grazie alla costruzione di un canale pedemontano lungo circa 17 Km., realizzato, per lotti, tra il 1953 e il 1977 che pone tra l'altro al sicuro l'intero abitato di Fondi e tutte le contrade e case sparse nel versante centro - orientale della piana, ricevendo le acque di ben 11 torrenti.